“Il fare e i viaggi di Andrea Mori si pongono all’incrocio tra arte antropologica e arte ambientale. Con la prima ha in comune anzitutto il senso dell’archè, la percezione rovinosa della sua perdita, l’urgenza di impedirla facendo riecheggiare l’origine attraverso le sue opere. Della seconda, soprattutto nella variante anglosassone, condivide le modalità d’azione: in primo luogo il muoversi a piedi in quanto «modo per riappropriarsi del sé», come scrive nei suoi appunti Andrea, e «modo per aprirsi al mondo». Poi la documentazione del cammino attraverso foto basilari che hanno il sapore di appunti fotografici, ma anche attraverso veri e propri appunti scritti che, una volta rielaborati, diventano testi iperdescrittivi e allo stesso tempo ultralirici, oppure attraverso mappe che hanno il sapore di annotazioni visive, più che del percorso, del contesto in cui si è svolto. Infine la non-incidenza sulla natura, il quasi azzeramento dell’impatto del viaggio sul luogo in cui si è svolto: il “quasi” si riferisce al prelevamento di campioni botanici, o altri frammenti di vegetazione, che rappresentano delle testimonianze sensoriali del tragitto e che, proprio perché tali, sono presenti nei taccuini.

A differenziare il lavoro di Andrea dall’arte ambientale di Long e soprattutto di Fulton, con la quale sembrerebbe essere in perfetta sintonia, è invece una concezione che definirei “non assoluta” del cammino. Se per l’artista inglese «l’opera “consiste” [unicamente, aggiungo io] nel camminare», dal momento che «il camminare non ne è solo l’origine, ma anche il completamento», se insomma il camminare è un’azione sovrana, autosufficiente e in fondo solipsistica, che rende colui che cammina assoluto proprio com’è assoluta la natura, nei viaggi di Andrea entrano in gioco molti altri fattori con ruoli nient’affatto secondari. Per esempio gli alberi che per Andrea sono patriarchi in un’accezione non solo botanica o metaforica della parola: per lui gli alberi forse non possono essere considerati propriamente mete del viaggio, ma sono entità viventi almeno quanto gli uomini, ed è “relativamente” a loro, in una letterale relazione con loro, che si sviluppa spesso il viaggio. Sono esseri viventi, dicevo, ed ecco perché non solo possono fregiarsi di titoli che di solito si attribuiscono agli esseri umani, ma vanno anche ascoltati, protetti, amati come tali. La relazione protettiva-affettiva con gli alberi è un fattore che non va trascurato per cogliere il significato complessivo di un itinerario rievocato in taccuini che rappresentano un paradossale trattato di antropologia arborea: ma di quell’antropologia che riguarda più l’arte che la scienza in senso stretto. Forse per quest’anomala disciplina vale ciò che scriveva Giorgio Cortenova a proposito dell’«arte antropologica», e cioè che «si definisce in quanto interrogazione sull’uomo, sulle sue fonti […]».

Si torna insomma alla questione dell’origine, che in fondo ha qualcosa da dirci anche sull’essenza del camminare. Nell’1977, anno di nascita di Andrea, in Inghilterra veniva pubblicato un libro che ha cambiato la percezione collettiva di ciò che è il viaggio, perlomeno in Occidente. Lo stile apparentemente asettico, ironico e squisitamente pettegolo di In Patagonia non ha nulla a che fare con il tono ansiosamente lirico, a volte quasi da possessione sciamanica, che caratterizza i testi di Andrea. Però se non prendessimo in considerazione Bruce Chatwin, la sua passione per tutto ciò che è arcaico, la sua pretesa che «il passato estremo riviva o possa rivivere nel presente», ometteremmo forse un dato utile a capire certe pagine scritte da Andrea, che, proprio come quelle dei «proverbiali taccuini» dello scrittore inglese cercano di fornire «un sesto senso attraverso il quale percepire il movimento del mondo». Per Andrea «il camminare» è un «semplice atto originario» in cui «forma onirica, mentale e fisica si congiungono».”

2022 – Tessere il valico: Val di Lima

Un esperienze di incontro tra cammino, teatro e video documentazione. 
Il progetto promuove il movimento lento, l’ascolto e il racconto di tre cantastorie erranti, gli artisti Andrea Mori e Valtentina Fanoni (che hanno riproposto in Val di Lima il progetto sperimentato nell’estate 2021 in Umbria) e il regista Cesare Baccheschi, con la supervisione tecnica e progettuale dell’architetto Jacopo Bardi.

Si tratta di una performance itinerante, in cui, tra una tappa e l’altra, le storie di donne e uomini incontrati lungo il cammino vengono rielaborate e poi rappresentate scenicamente da Andrea e Valentina:

La performance si attua in 4 momenti:
camminare: su un itinerario ad anello tra i borghi della Val di Lima
registrare: i “segreti” incontrati
trasformare: tra una tappa e l’altra, gli artisti rielaborano attraverso corpo e voce ciò che hanno raccolto
raccontare: in un racconto intimo, dedicato a poche persone in spazi aperti e famigliari, viene messo in scena il racconto del luogo precedente, mettendo in connessione genti e fatti “d’altri luoghi”, come moderni contastorie

Tutto il percorso è stato documentato da Cesare Baccheschi per creare un docu-video di 40 minuti che possa essere strumento di conoscenza e promozione delle memorie e della cultura della comunità.

2022 – 22.2.22

“Sono stato per boschi, è lì che sento odore di casa, è lassù che amo stare”. Da sempre Adrea Mori – artista, performer, cantastorie ma soprattutto camminatore, o meglio, come lui ama definirsi, bighellone – si riconosce in un rapporto simbiotico con boschi e foreste, dove trascorre la maggior parte del proprio tempo, esplorandoli, girovagando ed ascoltandone i suoni. Ci ha vissuto dentro per mesi, nelle selve degli Appennini e delle Alpi, abitandole nel loro silenzio, nutrendosi delle loro voci, delle piccole meraviglie che esse rivelano al viandante. Andrea sentiva forte il desiderio di ritornare in quei boschi, in quei luoghi che da sempre sono la casa primigenia del genere umano. Questa mostra è la loro storia, è la storia di 22 giorni passati nelle foreste.

bòsco s. m. [dal germ. occid. busk o bosk; cfr. lat. mediev. buscus o boscus] (pl. -chi). – 1. a. Associazione vegetale di alberi selvatici di alto fusto (e inoltre di arbusti, suffrutici ed erbe, che più propr. costituiscono il «sottobosco») su una notevole estensione di terreno: b. di querce, d’abeti, ecc., a seconda della natura delle piante; b. puri, misti, secondo che siano costituiti di una sola o di più specie; b. naturali, artificiali, secondo che derivino da disseminazione naturale oppure da semine o piantamenti operati dall’uomo; boschi d’alto fusto (o fustaie), in cui gli alberi si lasciano crescere fino alla maturità, contrapposti ai b. cedui, che vengono tagliati periodicamente. Nel linguaggio com., anche il terreno su cui l’associazione arborea si estende: fare legna nel b.; internarsi, perdersi nel bosco.

2021 – Tessere il valico

con Valentina Fanoni
Umbria, luglio 2021

PREMESSA
Camminare come forma di conoscenza, contatto, apprendimento, crescita, uniamo, mi dico, i territori, camminandoli, sentendoli sulla nostra pelle, attraverso la polvere, e i venti e i boschi, e l’acqua, e i fuochi e le stelle. E ancora serpeggiamo fra monti, connettendo fra loro cittadine, borghi, raccogliamo storie dal sapore antico, leggende, per portarle con noi e raccontarle nel borgo successivo, contastorie itineranti, benandanti, vagamondo erranti. Partiremo e trasporteremo i preziosi doni incontrati nel cammino. Storie di uomini e donne che valicano territori, a volte geograficamente vicini, spesso distanti per conoscenze e memorie. Ogni borgo, villaggio, paese conserva le sue narrazioni, i suoi suoni e musiche tramandandole oralmente tra chi vive. Tessendo il valico creiamo ponti di conoscenza, di riconoscenza, dando corpo e voce al territorio, grazie ad una rielaborazione in cammino di ciò che incontriamo e scopriamo.

I 5 MOMENTI
CAMMINARE: su e giù, di qua e di là, giungendo lentamente per conoscere e comprendere i luoghi. REGISTRARE: attraverso l’utilizzo di dispositivi elettronici e taccuini, così da poter raccogliere i “segreti” incontrati. TRASFORMARE: tra una tappa e l’altra e nel lento camminare, rielaboriamo attraverso il corpo e la voce ciò che abbiamo raccolto trasformandolo attraverso la nostra creatività RACCONTARE: attraverso un conto intimo, dedicato a poche persone in spazi aperti e famigliari metteremo in scena il racconto del luogo precedente. Come trovatori, moderni contastorie, menestrelli dei tempi andati, alle genti racconteremo di fatti d’altri luoghi, che stanno al di là del bosco, o dei monti. PRODURRE: attraverso il materiale raccolto si andrà a realizzare con il supporto di Paolo Novellino, un audio documentario che nutrirà l’archivio della cultura popolare dei luoghi e dei conti antichi.

2019 – L’Albero della Memoria

Il platano dell’ex ospedale psichiatrico di Feltre ha circa 250 anni, esattamente gli stessi anni di vita del manicomio. Ne ha visto l’apertura e la chiusura. C’è una storia terribile che l’albero ha visto: tra il 1950 e il 1955 ha visto circa 250 “operazioni” di Leucotomia Prefrontale Transorbitaria di Fiamberti praticate presso questo manicomio su pazienti dai 12 ai 79 anni; si tratta di interventi di psicochirurgia particolarmente invasivi e lesivi della personalità/identità dei pazienti. La funzione repressiva di contenimento della terapia si evince dalle laconiche valutazioni degli esiti riportati nelle cartelle cliniche che possono essere condensati in tre categorie: miglioramento sociale, miglioramento ospedaliero, stazionario. Questa vicenda grave e rilevante per dimensioni e implicazioni è rimasta rimossa e celata nella storia ancora non narrata del manicomio di Feltre. 

2017 – Patriarchi Arborei

Con questo termine si identificano le vecchie piante secolari, alberi che possono essere considerati i capostipiti dei nostri boschi. Sovente queste piante hanno dimensioni eccezionali, veri e propri monumenti vegetali che conservano la memoria di eventi accaduti nei secoli passati. Gli alberi sussurrano le loro storie, la storia delle loro cortecce, la storia delle loro fronde, la storia delle loro radici. E in queste storie sono sedimentate le storie del paesaggio che li ospita. E in questi paesaggi si compiono e si sono compiuti i destini di molti uomini e di molte donne. I secoli passano, talvolta anche i millenni, e queste creature restano li, aggrappate alle rocce, alla terra, crescono, occupano, deformano e invecchiano.

Generazioni di esseri umani, di padri e di figli, di nipoti e di discendenti transitano sotto le loro chiome e si abbeverano nelle ombre, ristorano l’anima e azzerano il pensiero. Si siedono, toccano il legno, si lasciano invadere lo sguardo dai movimenti che il vento anima, accarezzano le foglie e i frutti, i semi e le ramificazioni . Un altro albero cresce dentro di loro e sono pronti ad ascoltarlo, ad ascoltarsi. Li vibra il centro del mondo.

Tiziano Fratus
2017 – La Via del Sale

Il progetto di ricerca sulla Via del Sale nasce dal desiderio di riportare all’attenzione storie, tradizioni, meraviglie che ormai nel mondo contemporaneo stanno lentamente scomparendo, si stanno perdendo, sono già andate perdute.
La denominazione Via del Sale è legata agli antichi percorsi del commercio che mettevano in comunicazione il mar Ligure con la Pianura Padana. Il sale era era elemento vitale per l’alimentazione, fondamentale per la conservazione degli alimenti, indispensabile per la concia delle pelli. Erano diversi i percorsi esistenti che, attraverso gli Appennini, collegavano mare a pianura: la prima che si ricorda era la via Postumia che collegava Genova ad Aquileia, ma il susseguirsi di dispute fra guelfi e ghibellini ha portato alla realizzazione di nuove tratte, fra cui quella percorso, la cosiddetta Via dei Malaspina (nome dovuto ai marchesi Malaspina con i quali i mercanti pavesi si erano accordati) itinerario commerciale che collegava Genova a Pavia, per poi proseguire fino a Milano.

2017 – Atlante dell’Arcipelago Bolognese ovvero Guida di Bologna per Bighelloni

Atlante dell’arcipelago bolognese nasce sulla considerazione che il rapporto che intercorre tra il viandante e la città è innanzitutto un rapporto affettivo e corporeo. L’esperienza della marcia in città sollecita il corpo nella sua interezza, è un continuo chiamare in causa ogni senso. Il viandante s’appropria e agisce sulla città in base ai significati che vengono attribuiti ad ogni luogo. Ogni città ha i suoi poli magnetici, luoghi verso cui ci si dirige fin dai primi passi. È nel bighellonare, che la città non ha altri limiti che il magnetismo creato dai luoghi, che ci s’apre alla disponibilità delle scoperte, venendo così a originare una geografia affettiva. Personalmente, non concepisco altro modo di appropriarmi di una città che attraverso un’immersione corporea, affidandomi al capriccio delle vie e dell’umore. La città esiste soltanto attraverso i passi di chi la vive. 

2015 – INN-ENN

Il progetto di ricerca INN – EN nasce dal desiderio di riportare all’attenzione le storie sottili della natura che nel mondo contemporaneo non siamo più soliti ascoltare. Mi sono fatto cercatore della voce dell’acqua. Ho ripercorso l’intero corso del fiume INN, lasciandomi trasportare dall’ascolto della voce del fiume – che a volte risulta dura, come un urlo, a volte silente come una confessione – come fosse un mantra, per registrarne le variazioni, trasformando il suo mormorio in un canto. 

2015 – 13.333 passi nudi a Innsbruck

“Non smetteremo di esplorare e alla fine di tutto il nostro andare ritorneremo al punto di partenza e conosceremo quel luogo per la prima volta” 


T.S.Eliot 4 Quartetti 
2015 – 10 giorni in cammino al Parco Lambro 1 Alba 1 Luna piena

La sintesi visiva e simbolica di questa nuova esperienza del cammino è un grande pannello in legno, al centro un disegno geometrico, un cartoncino che ricalca la mappa del Parco Lambro, circondato da un campo saturo di colore blu, dal quale si diramano fili rettilinei, bianchi, a creare una costellazione ordinata, armonica e ariosa. All’estremità reperti naturali (foglie e fiori di sambuco, di platano e molte altre essenze, cortecce, semi, frutti secchi) e immagini fotografiche di dettagli naturali che ha colpito l’occhio e la costellazione visionaria dell’artista. Una superficie con i “segni-sogni” raccolti durante le camminate diurne, dall’alba al tramonto, e notturne, sotto luce lunare; un sottile respiro di natura che concede a Milano una via d’uscita d’aria e di colori non artificiali. 

ESTRATTO DAL TESTO DI ELISABETTA SEM 

2014 – Un viandante verso Innsbruck

Nell’estate del 2014 ho ripercorso a ritroso le tracce di J.W.Goethe a quasi 230 anni di distanza dal Viaggio in Italia, compiuto dallo scrittore tedesco. Il mio viaggio prende inizio dalla porta di casa mia, per concludersi dopo 18 giorni in Austria, nel cuore di Innsbruck. Influenzato in questo progetto, dagli scritti di Goethe come “La metamorfosi delle piante”, “La teoria dei colori”, Viaggio in Italia”, ho realizzato taccuini di viaggio per ogni giornata, con mappe( indicando luoghi notevoli), campioni vegetali, estratto il colore da piante che anticamente venivano usate per tingere ( corteccia di ciliegio, ippocastano, iperico, …) e realizzato una catalogazione cromatica delle terre. 

Camminare è entrare in contatto con i luoghi, le loro storie i loro abitanti, i tanti saperi che stanno scomparendo, conoscerli per apprenderli per diventarne poi una voce

Camminare è una parte essenziale non solo della mia visione artistica, ma anche della mia vita. Ecco una lista completa dei miei cammini e delle mie opere, che sono spesso strettamente legati.

Opere

2022 Tessere il valico: Val di Lima ∙ 2022 22.2.22 ∙ 2021 Tessere il valico∙ 2019 L’Albero della Memoria, Festival del cammino lento, Feltre ∙ 2017 – 2018 Patriarchi Arborei, Galleria Credito Valtellinese e MVSA, Sondrio ∙ 2017 Atlante dell’Arcipelago Bolognese ovvero Guida di Bologna per Bighelloni, MenoMale, Bologna ∙ 2016 INN-EN, Styleconception, Innsbruck ∙ 2015 13.333 Passi nudi a Innsbruck, Galleria Km0, Innsbruck ∙ 2015 10 giorni incammino al parco Lambro 1 alba 1 luna piena, Hassab One, Milano ∙ 2014 Un viandante verso Innsbruck, Harlem Room, Milano ∙ 2014 Ein Wanderer Richtung Innsbruck, Galleria Km0, Innsbruck ∙ 2014 Brace Brace Brain, Sordevolo (BI) ∙ 2013 La Montagna immaginata, Chiesa in Valmalenco (SO) ∙ 2012 Montagna in corpo, Chiesa in Valmalenco (SO) ∙ 2012 Senza titolo, istallazione realizzata per l’evento ECOISMI, Cassano d’Adda (MI) ∙ 2010 D’Adda istallazione realizzata presso la cantina vinicola Dirupi, Ponte in Valtellina (SO) ∙ 2010 D’Antichi Saperi istallazione d’erbe, pietre, unguenti magici, Palazzo Martinengo, Sondrio


Cammini

20 giorni sui Monti Amerini ∙ 15 giorni a La Palma (Spagna) ∙ 7 giorni sulla costa della Sardegna ∙ 10 giorni sui monti d’Abruzzo ∙ 6 giorni sui monti del Garda ∙ 9 giorni fra gli Appennini ∙ 10 giorni fra Bologna e Firenze ∙ 12 giorni fra gli alberi antichi della Valtellina ∙ 6 giorni da Genova a Varzi ∙ 4 giorni per i parchi di Bologna ∙ 22 giorni da Piz Lunghin a Passau (Svizzera-Germania) ∙ 18 giorni da Mariano (BG) a Innsbruck 18 giorni (Italia-Austria) ∙ 21 giorni errante a Sordevolo ∙ 21 giorni fra i monti della Valmalenco da Torre s.m. a Torre s.m. ∙ 21 giorni da Arezzo a Roma ∙ 2 giorni lungo il sentiero Beltrami, omaggio ai partigiani, da Omegna e Megolo ∙ 11 giorni lungo l’Adda ∙ 2 giorni sulla Via Cavallera da Sondrio alla Svizzera (Italia-Svizzera) ∙ 21 giorni da La Verna a Poggiobustone ∙ 6 giorni sulla Via del Sale da Voghera a San Fruttuoso ∙ 40 giorni da Saint-Jean Pie de Port a Finisterrae (Francia- Spagna).


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